"Allora mettiamoci a tavola fondani, terracinesi, monticellani, pontini e amici e curiosi delle nostre tavole!"
Presentazione del libro: "Vecchie e nuove tavole" - Sala del Castello Caetani in Fondi - Sabato 10 giugno 2023 ore 18,30.
Interventi: Prof.ssa Anna Maria Masci - Autrice Prof. Giuseppe Nocca - Esperto dell'alimentazione Dott.ssa Stefania Zottola - Presidente dell'Ordine dei Medici Veterinari della Provincia di Latina
Saluti: Dott. Beniamino Maschietto - Sindaco di Fondi Dott. Vincenzo Carnevale - Assessore Cultura e Turismo Modera: Dott. Gaetano Orticelli - Giornalista e Presidente Pro Loco Fondi Aps Ingresso libero
Un autentico tuffo indietro nel tempo, tra focolari dei nostri paesi passati ma anche un vivo sguardo all'offerta contemporanea tra ristoranti, aziende e case vinicole che rendono le città tirreniche assolute protagoniste del settore non solo nella Regione Lazio ma in ambito nazionale e internazionale. Il tutto "condito" da ricette e curiosità che promettono di vincere anche i palati più esigenti.
Così scrive Anna Maria Masci nella presentazione del libro:
Questo libro nasce dall'esigenza di raccogliere i saperi antichi e moderni della cucina Terracinese e dintorni, affinché non si perdano i ricordi del passato e si comunichino le esperienze della nostra gastronomia di questi tempi, che chiamerei "tempi della corsa e dell'individualismo", anche in cucina. Già da tempo, in particolare da quando ero dirigente scolastico dell'IPS A. Filosi di Terracina, insieme ad alcuni docenti e alunni nel primo anno del Covid, cioè nell'anno scolastico 2019-20, mi ero impegnata nella ricerca culturale relativa al cibo e alla riproposizione delle vecchie ricette del nostro territorio cercando la strada per riadattarle all'oggi, avendo anche di mira la valorizzazione dei prodotti della nostra terra e del nostro mare ma anche di prodotti nuovi per la nostra tradizione. Questa attività si è andata a sposare pienamente con la ricerca che aveva già elaborato l'artista Giovanna Sacchetti, fondendosi perfettamente con quanto da lei assemblato e messo a disposizione in una raccolta già edita che riguardava il campo della cucina tradizionale e anche della storia locale, con i racconti di usanze, abitudini e personaggi del passato recente, la cui memoria potrebbe perdersi. Da qui l'idea di unire questo suo lavoro di ricerca e le sue tavole illustrative nel loro corpus unico a una nuova elaborazione, anche per gli ampliamenti confidenziali e macchiettistici su personaggi e abitudini della Terracina di un tempo nonché per la freschezza delle immagini che corredano le antiche ricette radunate dalla stessa.
Questo non è, pertanto, un libro di ricette, ma un racconto, un ricordo, un chiacchierare, un proporre. Il lavoro della Sacchetti rappresenta la Terracina di una volta, la rielaborazione in chiave moderna della stessa materia e l'approfondimento sui piatti proposti, con il racconto di essi, gli accostamenti, le riflessioni e gli ampliamenti, per i quali ringrazio alcuni docenti e gli allievi che insieme collaborarono e hanno continuato a collaborare con me per questo lavoro. Importante anche l'apporto di alcuni chef del territorio, tra cui giovani emergenti ex allievi dell'istituto locale, che rappresentano, appunto, la nuova tavola apparecchiata per curiosi e cultori della nostra buona cucina.
Mi ha appassionato il raccontare i piatti, io stessa avevo dato l'input ai docenti e agli allievi per gli approfondimenti, e mi è molto piaciuto occuparmi dell'elaborazione del legame col
passato e con la tradizione, ma anche cogliere la contemporaneità, in tutte le sue sfumature. Eccoci pertanto giunti a elaborare questa sintesi modesta, ma non poco interessante, della cucina locale di ieri e delle storie a essa legate e di quella di oggi con la sperimentazione e la rielaborazione culturale delle stesse ricette di una volta, una proposta che continua sulla linea scelta da me e già adottata in un'altra pubblicazione (trattasi del libro Taverne, locande, trattorie, ristoranti terracinesi: notizie dei luoghi e del cibo della nostra terra, per non perderne il ricordo, Ed. Innuendo, 2021), quasi a voler essere custode della storia della nostra tradizione culinaria e contemporaneamente dell'innovazione, della sperimentazione che facciamo sulle nostre tavole, pur mantenendo e usando i prodotti della terra e del mare di Terracina e dintorni a kilometro zero.
Tutto questo è accaduto perché si crede fortemente che così si possa insegnare in modo proficuo ai giovani ad amare questo territorio, sapendo che nel portare in tavola il cibo stiamo portandovi anche la storia, allora nulla è più piacevole e degno di ascolto che porgere agli interlocutori, nostri commensali, anche la motivazione delle nostre scelte culinarie, raccontare la storia dei prodotti impiegati o qualche nuova manipolazione, raccontarne il passato e il presente, magari narrando storie anche del vino che accompagniamo a una degustazione insieme a tutti i riferimenti culturali possibili. Allora veramente mettiamoci a tavola terracinesi, monticellani, fondani, pontini e amici e curiosi delle nostre tavole!
La cucina locale, in particolare quella Terracinese, monticellana e fondana ha una tradizione lunga e provata che si lega alle vicende storiche di cui tali zone son state protagoniste, per cui risentono in modo consistente dell'influenza romanesca, ma anche di quella napoletana e
ciociara.
La cucina di pesce (di mare e non di acqua dolce) è la più giovane, in quanto successiva alla chiamata dei pescatori della zona di Torre del Greco e dintorni a Terracina nel corso del settecento, mentre è più antica tutta la cucina di carne: si pensi solo alla salsiccia con la petartera, cioè il coriandolo, di origine longobarda, che poteva essere agevolmente portata in viaggio dalle truppe durante le campagne militari perché tale spezia, già conosciuta nel Medioevo, serviva insieme al sale alla conservazione delle carni.
Il pomodoro fu introdotto nella cucina solo dopo la scoperta delle Americhe, come le patate, il caffè, il cacao, le fragole, il mais, il peperone, la cipolla, il tabacco, che datano alcuni piatti di carne e verdura ed alcuni dolci tipici a partire dal seicento.
La casatella terracinese per esempio, che sembra a tutti noi una variante della pastiera ma non può esserlo, essendo nata per utilizzare la ricotta avanzata e non il grano, assunse l'attuale ricetta solo a metà ottocento, quando oramai caffè, Rum o Sambuca e cannella in polvere erano già diffusi a livello di tutta la penisola, mentre prima l'impasto era solo di uova, buccia di limone o arancia grattugiati e zucchero, e questo specie nel sud ove gli agrumi erano più abbondanti; le frappe col vino moscato sono invece certamente più antiche e si collegano con una tradizione diffusa in tutta Italia: le bugie in Piemonte, le cioffe in Abruzzo, i cenci in Toscana. Lo stesso dicasi del tortolo, che troviamo nella tradizione ciociara col nome di pigna, del tortolo umbro o della schiacciata toscana o del casatiello dolce in Campania, tutti caratterizzati dalla lunga lievitazione e dal doppio impasto.
Insomma si tratta di una cucina con tradizioni solide che ha "compagnia" nelle regioni vicine e nella nazione, ma che ha anche una propria originalità, ravvivata oggi forse principalmente nella cucina di mare che utilizza il pesce azzurro, il pesce più povero.
Nella cucina di mare naturalmente, proprio per l'origine campana di coloro che vennero a insegnare a pescare in mare, sono forti le influenze napoletane; si veda per esempio la pasta con pomodoro e alici che ha il tocco napoletano, perché prevede in molte versioni l'aggiunta dei pinoli o le polpette di pesce col rosmarino, lattuga ed erba cipollina.
Fondamentale nella cucina della zona è l'uso delle erbe alle quali bisognerebbe dedicare un capitolo a sé. Alcune erbe di campo vengono usate nelle insalate (ramolaccio, erba S. Maria, papavero, borragine, finocchietto) e nelle zuppe. Per esempio nelle zuppe viene ancora usata l'erba Santa Maria e la cicoria selvatica detta "erba pazza" che viene messa nelle zuppe di ceci o fagioli e verdure, in genere per un ottimo minestrone, come anche l'erba detta persia, cioè la maggiorana; non solo, altre tipiche erbe della fascia mediterranea, quali rosmarino, alloro e timo, vengono impiegate nei piatti di carne o zuppe di fagioli e rosmarino,
ma anche di pesce, con impieghi artigianali; rammentiamo il rosmarino con aceto e aglio per cucinare le tenne, pesce azzurro conosciuto anche come sgombro o maccarello, oppure l'alloro usato con aglio, aceto, pangrattato per la scapece col fritto di pesce avanzato; la zuppa di pesce usa invece solo aglio e prezzemolo.
Una particolare attenzione va dedicata alla cucina più povera, quella messa in opera nei periodi di difficoltà nel reperire gli ingredienti di una cucina più complessa e ricca: penso al pan cotto, alla zuppa di cappuccio, a pasta e broccoli, al cefalo Angara cotto con la sinhala, un tegame di coccio, alle ricette come le rane (ranttnchie) e le anguille.
Si tratta di ricette che si sono perse nel tempo e nelle abitudini di ogni giorno e che andrebbero diffuse proprio per la capacità che hanno di coniugare elementi di bontà e di buona nutrizione con costi certamente contenuti. Insomma stiamo parlando di una cucina che ha ancora qualcosa da raccontarci e da darci e, contemporaneamente, che costituisce
un piccolo tesoro di storia e cultura. Vanno ringraziate e citate col cuore le tante persone che hanno contribuito alla stesura di questa ricerca: rammento ancora alcuni docenti del Filosi, a.s. 2019-20, che pensarono e realizzarono alcune di queste ricette anche durante il lockdown e ne parlarono con me durante quei collegamenti da casa che tutti ricordiamo, gli
chef del territorio, tra cui giovani emergenti che ci fanno ben sperare nel futuro della nostra cucina, Giovanna Sacchetti e le sue nonne e zie, gli chef locali che mi hanno comunicato le
ricette risultato dei loro esperimenti, tra essi alcuni giovanissimi; tutte le persone che, sapendo di questa raccolta ci hanno tenuto a raccontarci ricordi e storie. Tutti loro testimoniano che la tradizione culinaria di questo territorio non può essere dimenticata ma, anzi, deve essere rivisitata e riproposta perché buona, economica, nutriente e carica di un passato che ci insegna a essere ancora giovani, come quando ci si riuniva tutt'intorno alla tavola del nonno capo famiglia (il mio in particolare, da parte di mamma, quel nonno Vincenzo che era anche esportatore dell'uva moscato, che incestrava con tutto il parentado, le donne lavoranti e la sottoscritta che preparava la carta crespa colorata per i cestini), nonno che affettava il pane da una enorme pagnotta e ci distribuiva l'oro delle fette con la parsimonia di chi rispetta il cibo e la giocosa promessa del buono che sarebbe venuto dopo...
La tavola della tradizione
a cura di Giovanna Sacchetti
Quante volte nella vita tra amici si parla di cibo? Della bella... «magnata, che me' so' fatte!»? Tuttavia è soprattutto a tavola che si condividono i momenti più belli, in compagnia di amici e parenti. Spinta dalla mia passione per il disegno e soprattutto perché anche io sono «na' bbona canassa» (mi piace mangiare bene), «che e'meje a farme nu' vestite!» (si spende di meno a comprarmi un vestito che a invitarmi a cena), mi sono detta perché non unire le mie due passioni (disegno e cucina) e creare una raccolta con alcune delle ricette tradizionali? Così ecco quello che sono riuscita a fare, direttamente dal ricettario di nonne e zie di altri tempi, per non dimenticare le tradizioni, perché sono un elemento importante della nostra vita, e per la nostra vita.
La nostra città, ha tantissime buone ricette da portare in tavola, e in questi piatti non c'è solo il sapore degli ingredienti, ma anche il calore della famiglia e delle chiacchiere di chi fa in un modo e chi in un altro; inoltre, nella nostra storia c'è anche la fusione di due "razze" di Terracinesi: «i cuntadine cucuzieje, e i marenaje pulpetieje», così ho raccolto ricette "mare e monti" per non fare torto a nessuno, in modo ironico e scherzoso, consapevole di non
essere né pasticcera e né cuoca.
Ho ripescato nei ricordi d'infanzia quelle sensazioni, profumi, sapori ed emozioni di quando ci si sedeva a tavola per ritrovarsi tutti insieme, specialmente durante le festività.
Quelli erano i giorni in cui ti svegliavi e l'aria in casa profumava di sugo, perché la nonna aveva iniziato a farlo "consumare" dalle cinque del mattino, e dei dolci sulla tavola che non potevi toccare, perché prima si doveva andare a messa.
Tanti dolci ricordi e tante belle battute tra la gente, che ancora oggi sono nella mia memoria e in quella di molti, spero che vengano raccontate alle nuove generazioni.
Le ricette non mi sono state date da chef stellati, ma le ho raccolte in giro dalle zie vezzoche e «nonne de na' vota, Terracinesi veraci» e le ho trascritte senza cambiare nulla, neanche le dosi per famiglie numerose. Sono sicura che questo lavoro sarà anche un motivo di discussione in famiglia, tra chi usa un ingrediente e chi ne usa un altro, ma io ho avuto l'acquolina in bocca solo a scriverle.
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